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Cinque anni dopo i Panama Papers il mondo è ancora un paradiso. Fiscale

18:31

Il 3 aprile 2016 un gruppo di giornalisti pubblicava un’enorme mole di documenti, frutto di quella che è stata definita «la più grande fuga di notizie della storia della finanza mondiale». 11,5 milioni di documenti che quei giornalisti, membri dell’International Consortium of Investigative Journalists avevano analizzato per oltre un anno. Scoprendo così un immenso sistema di società offshore gestito per oltre 40 anni dallo studio legale Mossack Fonseca, con base a Panama City e uffici in più di 35 paesi del mondo.

Panama papers, una tempesta in un bicchier d’acqua

Nei documenti, ribattezzati Panama Papers, si trovano riferimenti a più di 214mila compagnie offshore connesse a persone in oltre 200 paesi e territori. Tra i nomi coinvolti molti leader politici (il primo ministro islandese e quello pakistano, il presidente ucraino e il re dell’Arabia Saudita, uomini vicini a Vladimir Putin e il padre dell’allora primo ministro britannico David Cameron), imprenditori, sportivi, personaggi del mondo dello spettacolo.

Un vero e proprio terremoto aveva scosso il mondo alla pubblicazione di quei documenti. In Islanda, per esempio, il primo ministro Sigmundur Davíð Gunnlaugsson si era dimesso in seguito alle proteste dei cittadini. Molte manifestazioni si erano tenute alla scoperta che una società off shore legata a Gunnlaugsson, fondata con l’aiuto di Mossack Fonseca, aveva contratto un grosso credito nei confronti di tre banche islandesi. Nel 2008 queste tre banche sono state parzialmente nazionalizzate dopo che avevano dichiarato bancarotta generando un conflitto di interessi per Gunnlaugsson.

Perché devi preoccuparti dei paradisi fiscali

Alcuni anni fa l’organizzazione non governativa Tax Justice Network aveva stilato un decalogo di ragioni per le quali ciascuno di noi dovrebbe interessarsi ai paradisi fiscali e chiedere ai propri governi di agire per contrastarli. I paradisi fiscali sono un problema perché:

  1. Aiutano le persone a nascondere ricchezze che potrebbero essere investite in scuole, ospedali, strade e altri servizi pubblici.
  2. Costringono le persone comuni a pagare le tasse anche per i ricchi.
  3. Sono un rifugio sicuro per le ricchezze della criminalità organizzata.
  4. Aiutano i dittatori a sottrarre e nascondere le risorse dei paesi del Sud del mondo.
  5. Sono luoghi in cui il sistema finanziario può sottrarsi alle regole internazionali.
  6. Turbano il mercato offrendo vantaggi crescenti a chi più ne fa ricorso.
  7. Sono luoghi segreti dove le alcune persone possono infrangere le regole impunemente.
  8. Aumentano la differenza tra ricchi e poveri.
  9. Scrivono segretamente nuove leggi, che ci colpiscono tutti.
  10. Diminuiscono la fiducia nella democrazia.

A cinque anni dai Panama Papers cos’è cambiato?

Nei cinque anni che sono seguiti alla pubblicazione dei Panama Papers gli scandali legati ai paradisi fiscali non hanno smesso di riempire le pagine dei giornali di tutto il mondo.

Evasione ed elusione fiscale sono una vera e propria piaga. L’Unione europea alcuni anni fa stimava che ogni anno tra i 50 e i 70 miliardi di euro finiscono nei paradisi fiscali. Per l’Italia si parla di 7-8 miliardi di euro sottratti ogni anno alle casse dello Stato. Il 90% a beneficio di uno dei sei paradisi fiscali comunitari: Olanda, Belgio, Cipro, Irlanda, Lussemburgo e Malta, secondo i dati del ricercatore Gabriel Zucman.

La pratica di “ottimizzare” il proprio carico fiscale è comune tra le grandi multinazionali. Si sceglie di installare la propria sede principale in uno Stato con fiscalità agevolata, se non nulla. Numerosi Paesi usano la leva fiscale per farsi concorrenza ad “attirare” capitali: si chiama “dumping fiscale”. Ovvero l’offerta, da parte di un Paese, di condizioni vantaggiose, con l’obiettivo di convincere le aziende a spostare la loro sede legale sul proprio territorio. Una situazione di cui si avvantaggiano, in particolare, giganti del digitale.

Ora, però, una spinta a una regolamentazione più restrittiva sembra arrivare dalla nuova amministrazione di Washington.

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Ne abbiamo parlato con Tommaso Faccio, Segretario generale della Commissione indipendente per la riforma della tassazione delle imprese internazionali, ICRICT , docente di Diritto tributario alla Nottingham University Business School e uno dei soci fondatori di Tax Justice Italia.