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Global Wealth Report: nel mondo aumentano i ricchi, ma non diminuiscono i poveri

Ha avuto una eco assai limitata la pubblicazione dell’ottava edizione dell’autorevole Global Wealth Report dell’istituto di ricerca di Credit Suisse che cade ...

Ha avuto una eco assai limitata la pubblicazione dell’ottava edizione dell’autorevole Global Wealth Report dell’istituto di ricerca di Credit Suisse che cade nel decennale della Grande Crisi. Forse perché i numeri in senso assoluto ci restituiscono una figura nota: la ricchezza globale ha ripreso a crescere (+6,4% sull’anno precedente), fino a risultare addirittura superiore del 27% ai livelli pre-crisi.
Il rapporto viene considerato particolarmente autorevole per la metodologia e la base dati utilizzati. In particolare il fondamento della ricerca consiste nella considerazione della ricchezza detenuta da 4,8 miliardi di individui adulti in 200 paesi, appartenenti alle diverse fasce di popolazione e a tutti gli strati sociali. Questo ci dice qualcosa non solo su quanta ricchezza circola nel mondo (oggi 280 trilioni di dollari, cresciuta di 16,7 trilioni rispetto al 2016), su quali siano le sue dinamiche nel tempo, ma soprattutto su chi la detiene. E se il rapporto ci indica che la ricchezza media è aumentata per effetto del ritmo più elevato della produzione di ricchezza rispetto alla crescita della popolazione, il dato politicamente più significativo è che la ricchezza si è ulteriormente concentrata. Infatti, all’inizio del millennio l’1% più ricco della popolazione deteneva il 45,5% della ricchezza totale delle famiglie, ma oggi questa quota è salita al 50,1%.
Aumentano i milionari: dal 2007 ad oggi ve ne sono 8.740.000 in più, metà dei quali negli USA, raggiungendo quota 36 milioni (Credit Suisse se ne aspetta 44 milioni nel 2022). Una dinamica che vede la crescita dei milionari anche nell’area Euro con 620.000 nuovi appartenenti al club dei Paperoni grazie proprio alla forza della moneta unica; infatti in Gran Bretagna i milionari si assottigliano di 34.000 unità.
Tutto bene, dunque? Non proprio perché se crescono i più ricchi in modo significativo, non diminuiscono i poveri: il numero degli adulti che possiedono meno di 10.000 dollari di ricchezza è diminuito nel decennio meno del 4%. È questa l’eredità più pesante della crisi, ma anche delle risposte che ad essa si sono date: un aumento della diseguaglianza statisticamente dovuta ad una ripresa degli asset finanziari più sostenuta di quella dei non finanziari. Cioè la finanza ha ripreso a crescere di più dell’economia reale: nulla è, quindi, cambiato dalla crisi. La lamentata prevalenza dell’economia di carta, che è alla base della bolla di finanza privata (non pubblica) la cui esplosione ha innescato la crisi, permane, anzi si accentua. Infatti, per quanto la ricchezza media sia aumentata a livello globale (da 52.074 dollari nel 2007 a 56.640 nel 2017), essa è diminuita in Africa (da 2.508 dollari nel 2016 a 2.499 nel 2017, cioè -1,9%), nell’area Asia-Pacifico (-1%) ed è piatta in America Latina. Oggi 3,5 miliardi di persone, il 70% degli individui adulti si trova nella fascia più bassa dei detentori di ricchezza (meno di 10.000 dollari). Le distanze si allargano: il 10% più ricco della popolazione mondiale detiene l’88% della ricchezza e l’1% il 50,1%, mentre la metà meno ricca della popolazione mondiale si deve accontentare dell’1% della ricchezza.
In questa fascia si trovano soprattutto i giovani: sono i famosi Millennials che magari hanno una formazione migliore di quella dei loro genitori, ma hanno meno chances di loro di possedere ricchezza (casa, reddito, pensioni, ecc.). Il rapporto dimostra come i Millennials se la cavino assai peggio dei loro genitori alla loro età, pur appartenendo a coorti di popolazione meno numerose che, quindi, a logica dovrebbero soffrire meno la concorrenza nell’accesso all’istruzione o allo stesso mercato del lavoro. Invece, il rapporto descrive un aumento del debito che gravano sugli studenti in molti paesi sviluppati, delle regole più rigide sui mutui dopo il 2008, l’aumento del costo delle case, l’incremento della diseguaglianza dei redditi, un minore accesso alle pensioni e una minore mobilità dei redditi: tutto questo produce una “tempesta perfetta” che rendono per i Millennials più difficile l’accumulazione della ricchezza.
Ma, dice qualcuno (Axel Honneth nell’articolo “Coscienza morale e dominio di classe” del 1995), che non ci si deve limitare a sottolineare le diseguaglianze dal punto di vista della distribuzione delle risorse, ma occuparsi sempre di più sulla “ripartizione asimmetrica di opportunità di vita dal punto di vista culturale e psicologico”, cioè di quella che Honneth definisce “diseguale distribuzione della dignità sociale”. Tema di cui si occupa ampiamente Raffaele Alberto Ventura nel suo “Teoria della classe disagiata” (Minimum Fax, 2017), un libro impegnato sulla condizione dei giovani d’oggi. Viene però da dire che la riflessione di Honneth nel 1995 si colloca in un mondo che ancora non aveva conosciuto una crisi economico-finanziaria come quella che lo ha avvolto dal 2007 fino ad oggi e che, forse, la diseguaglianza della distribuzione delle risorse e quella della dignità sociale si sono dimostrate molto più interconnesse di quanto non si sospettasse potessero essere nel 1995. Certo è che all’approfondirsi del divario nella distribuzione del reddito rilevato dal Global Wealth Report non ha certamente fatto da contraltare una minore o diversificata distribuzione della dignità sociale. Se non altro perché negli anni della crisi (ma per la verità fin dagli anni ’90) si sono ridotti gli investimenti pubblici per le istituzioni che maggiormente contribuiscono alla creazione della dignità sociale (tipicamente l’istruzione) e sono aumentate le limitazioni dell’accesso ad esse (con numeri chiusi e selezioni in entrata e con l’innalzamento delle rette e la parallela compressione di borse di studio e altri strumenti di politiche per il diritto allo studio).
Di nuovo, la figura che emerge dal Global Wealth Report ci indica un mondo in cui la ricchezza cresce ma si distribuisce in misura sempre più diseguale, a sfavore soprattutto delle generazioni più giovani (che sono sempre meno numerose) e delle aree periferiche del pianeta. Non una gran bella figura!