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Brexit: problemi di Mercato o di Stati?

Quante parole e scritti sulla Brexit… Favorevoli o contrari, pro EU o contro EU, favorevoli all’Euro o contro, e chi più ne ha più ...

Riccardo Milano
Riccardo Milano
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Quante parole e scritti sulla Brexit…
Favorevoli o contrari, pro EU o contro EU, favorevoli all’Euro o contro, e chi più ne ha più ne metta. Pareri spesso frutto non di una sana dialettica filosofica e politica ma espressioni di visioni del proprio “io”. Idee che si trasformano in dogmi ideologici ma che non aiutano certamente a comprendere cosa stia accadendo in Europa e nel resto del mondo.
Il rischio è infatti quello di voler predire il futuro senza essere capaci di interpretare il presente, condizione questa necessaria se si vogliono mettere in moto processi che possano orientare il futuro in una direzione più sostenibile dal punto di vista sociale, ambientale ed economico.
Abbiamo bisogno di nuovi paradigmi interpretativi che rompano con le logiche che hanno generato le storture odierne ma che paradossalmente sono utilizzate nella critica delle stesse. Una specie di teatro dell’assurdo in cui i pro e i contro sono sostenuti dallo stesso punto di vista. Questo vale anche per l’economia che continua ad essere usata come fosse una scienza esatta quando invece la stessa discende da una visione sociale che si basa su premesse e sviluppi difficilmente valutabili ex ante.
Stato o Mercato? Se questo era il dualismo fino a qualche decennio fa, ora la situazione è mutata: i centri di potere e le dinamiche, che stanno sacrificando lo Stato al Mercato, minano e riducono il valore della democrazia.
La storia ci insegna tanto al riguardo. bisogna però volerla interpretare.
Popoli che si sono battuti per i diritti e la democrazia ma che poi hanno permesso che tali conquiste fossero volte a interessi individuali negandole contemporaneamente ad altri.
Nazioni che oggi parlano di indipendenza dopo aver soggiogato per lungo tempo altri popoli.
Popoli che sostengono i diritti umani ma che hanno “fatto i soldi” con la schiavitù.
Persone che inorridiscono per le tante guerre ed i fondamentalismi di oggi ma che non ricordano quanto questi siano frutto del colonialismo del passato e delle imposizioni di geopolitica delle potenze vincitrici dei due conflitti mondiali.
Persone che soffrono per i drammi del popolo di migranti senza però capire che anche per gli umani vale il terzo principio della dinamica che recita: “ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria”, nel senso che oggi non può essere diversamente per quello che si è seminato…;
Persone che credono che i regimi dittatoriali siano frutto del cattivo di turno e che si scandalizzano per la difficoltà a smantellare questi regimi, ma che poi li sostengono quando questi difendono la loro “roba”.
Cittadini, politici, economisti che criticano le politiche economiche liberiste e la finanziarizzazione, ma poi, di fatto, legittimano e alimentano un sistema che mira alla ricerca dei profitti più alti senza chiedersi come questi sono stati prodotti e dell’impatto che hanno sul pianeta.
Cittadini che si indignano per le attuali leadership politiche ma che poi non fanno nulla per portare al potere persone “competenti ed oneste”.
Cittadini ed istituzioni che si scandalizzano per il divario sempre più grande tra i ricchi e i poveri (evidenziati dal rapporto Oxfam) senza porsi la domanda di come cambierebbero questi rapporti se essi cambiassero il loro stile di vita.
Possiamo oggi dimenticare tutto ciò che sicuramente è parte integrante della crisi finanziaria che dal 2007 sta mettendo in ginocchio le nostre società e rende inquietante qualsiasi previsione di futuro? Certamente no!
Eppure, e proprio in virtù del fatto che la maggior parte della popolazione mondiale “soffre”, forse sarebbe il caso di intraprendere nuovi percorsi che ci aiutino a cambiare le attuali e demenziali pratiche di natura politico/economico/finanziaria che oggi si trasformano in politiche di chiusura, sia mentale che socio economica, spingendo in modo irreversibile i popoli verso quegli stessi atteggiamenti egoistici e fondamentalisti che nel passato generarono guerre e distruzioni.
Sì, bisogna reagire ma in modo nuovo, con cultura ed umiltà, con il ricordarsi di agire sì in scienza ma anche in coscienza; e questo è anche lo spirito e l’approccio della Finanza Etica che cerca di coniugare etica, economia e finanza, non tanto per un bisogno di alcune anime belle ma perché questa è l’unica strada per generare speranza di futuro.
Oggi dobbiamo avere il coraggio di proporre e promuovere una nuova visione umanistica che parta dalla determinazione a rimettere in discussione le nostre scelte, anche quelle quotidiane, e che ci renda consapevoli di quanto oggi sia importante ragionare come comunità (e qui il valore dello slogan di Banca Etica: “l’interesse più alto è quello di tutti”), perché da questa crisi o usciamo assieme, senza lasciare indietro nessuno, oppure non usciamo.
Con questo spirito dobbiamo andare oltre la critica costruendo una nuova cultura economica, che si fondi su di una economia civile finalizzata ad un ben essere comune, diffuso, equo e solidale.
Questo è il contributo che la finanza etica oggi può dare a quanti, persone, movimenti, organizzazioni, vogliono riportare la persona, le relazioni, l’etica al centro di tutte le attività.
Non ci appassiona il pro/contro Euro, UE, Brexit, e così via… – oggetti di culto per ludopatici e/o per le curve degli stadi – ma ci interessa invece capire come utilizzare al meglio gli strumenti e le risorse che operativamente e intellettualmente già possediamo, rompendo con una consuetudine che spesso per comodità o interesse personale ci ha asservito ai poteri forti di turno, giustificando poi questa “inazione” con una presunta ineludibilità dei destini umani.
Chi ha vinto o perso in questo frangente economico?
Hanno perso gli Stati e i Mercati e quindi, alla fine, le popolazioni.
Gli Stati in quanto hanno da tempo delegato parte delle loro importanti prerogative all’Economia, i Mercati in quanto hanno delegato parte delle loro prerogative ad una finanza “bastarda” e governata da pochi soggetti, le popolazioni che spesso per un “piatto di lenticchie” (ossia il miraggio di un falso benessere) hanno avallato tante politiche sconsiderate.
Ma maggiormente, in questa vicenda della Brexit, hanno perso i grandi finanzieri che avevano puntato, sicuri del fatto loro, sul “remain” per continuare la loro politica di finanziarizzazione assurda e perniciosa (si pensi solo all’ammontare preoccupante dei derivati in giro per il mondo ed in Europa).
E di questa nuova debacle tutti – poiché le altre sconfitte di questi signori non hanno prodotto una giusta reazione della politica e tutto è rimasto come prima – dovrebbero prenderne atto e agire di conseguenza all’interno di quelle Istituzioni che fondano il loro senso e la loro legittimità proprio su quella “scaletta” sociale individuata già dagli antichi Greci: prima l’Etica, poi la Politica ed infine l’Economia (ma oggi è tutto il contrario!).
Noi che crediamo nella Finanza Etica, pur con tutte le inevitabili difficoltà e contraddizioni del nostro tempo, siamo chiamati a guardare “oltre” ed aprire nuovi spazi di cultura economica e politica che coinvolgano e stimolino persone, organizzazioni, istituzioni ad assumersi la responsabilità del futuro del pianeta.
Possiamo allora sperare, riprendendo le parole di De André in una sua famosa canzone, che finalmente “dal letame nascano i fiori“.