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L'azionariato critico all'assemblea di Enel fa cappotto

Buffet spartano e gadget modesti. Ma all’assemblea di Enel abbiamo fatto cappotto. Una volta all’assemblea di Enel ci si divertiva di più. C’...

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Buffet spartano e gadget modesti. Ma all’assemblea di Enel abbiamo fatto cappotto.

Una volta all’assemblea di Enel ci si divertiva di più. C’era un amministratore delegato arrogante che se la prendeva con gli azionisti e ogni anno presentava piani di rilancio per tecnologie pericolose o obsolete, come il nucleare o addirittura il carbone, oppure insisteva per investire in progetti controversi, come le mega-dighe nella Patagonia cilena. Per gli azionisti critici come Fondazione Finanza Etica, Re:Common e molte altre associazioni che negli anni si sono aggiunte, era una manna. Abbiamo portato in assemblea il vescovo della Patagonia, un vescovo dal Guatemala, le popolazioni Mapuche, gli attivisti anti-carbone e quelli anti-nucleare, siamo stati ridicolizzati sulla massiccia presenza di Enel in Delaware, il paradiso fiscale statunitense più amato dalle multinazionali a stelle e strisce.
 
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Però abbiamo sempre rilanciato. E i risultati, piano piano, sono arrivati. È anche merito dell’azionariato critico se, nel 2014, il governo cileno ha bocciato le cinque dighe giganti che avrebbero stravolto l’ambiente incontaminato della Patagonia.
Sempre nel 2014, il governo Renzi ha mandato a casa il supponente Fulvio Conti e ha messo alla guida di Enel Francesco Starace, che dal 2008 era a capo di Enel Green Power, la controllata dedicata alle rinnovabili. Con Starace la musica è cambiata. Già nell’ottobre del 2014 Enel ha deciso di chiudere 23 centrali a carbone in Italia e, un anno dopo, è scoppiata la pace con Greenpeace, storico oppositore della società. Gli azionisti critici sono andati avanti, chiedendo la chiusura della centrale a carbone di La Spezia (che è stata poi promessa per il 2021), la fine dei contratti per l’importazione di carbone insanguinato dalla Colombia e la chiusura della centrale a biomasse del Mercure, nel parco del Pollino. Si è chiesto un piano più preciso per la fine della generazione elettrica con il carbone in Italia (dove sono ancora attive centrali super-inquinanti come quelle di Brindisi e di Civitavecchia) e in Spagna. E le risposte, alla fine, sono arrivate. All’assemblea degli azionisti di quest’anno, che si è tenuta a Roma lo scorso 4 maggio, Enel ha dichiarato di aver terminato i contratti con la Colombia e si è impegnata a chiudere tutte le centrali a carbone entro 10-15 anni.
 
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Un grande successo per gli azionisti critici: vittoria su tutta la linea. O quasi. All’appello manca ancora il Mercure, una centrale inutile e dannosa che sta in piedi solo grazie ai contributi pubblici. Un motivo in più per tornare alla carica all’assemblea del 2018.
Di seguito una sintesi della diretta twitter dell’assemblea di quest’anno. La colonna sonora?
Anche questa volta dubbi non ne abbiamo avuti:



L’assemblea inizia alle 14. Prima di entrare una cofana di carbonara o amatriciana per lubrificare lo spirito. C’è il dream team di Re:Common, ci sono Carlota Ruiz Bautista e Ana Barreira, le due avvocate spagnole di IIDMA (Instituto Internacional de Derecho y Medio Ambiente), Ferdinando Laghi con la maglietta anti-Mercure e il vostro corrispondente, in cravatta verde. Come sempre gli interventi stampati sono sul tavolo, tra una Ferrarelle e l’olio nuovo. Si cambiano le ultime frasi, si aggiungono dei pezzi. Tanto poi Enel deciderà di tagliare il tempo degli interventi da 8 a 5 minuti e bisognerà rifare tutto in corsa.
 


Anche il calzino non poteva che essere critico. E l’esegesi suggerita dai tifosi a bordo campo è corretta. Per una volta Fondazione Finanza Etica vota a favore del bilancio per l’accordo raggiunto sulla Colombia e per la diminuzione della quota di carbone (e l’aumento delle rinnovabili) nel mix di produzione energetica ma i nodi da sciogliere sono ancora molti.
 
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Dopo l’introduzione della presidente Patrizia Grieco e la presentazione dell’amministratore delegato Francesco Starace inizia la pioggia di interventi degli azionisti critici. Quest’anno siamo in 8, un record assoluto: le due avvocate dalla Spagna contro le centrali a carbone di Endesa (Gruppo Enel), Giulia Franchi di Re:Common e Maina van der Zwan di PAX Olanda a fare domande sul carbone colombiano, Fondazione Finanza Etica a chiedere un piano preciso di uscita definitiva dal carbone e poi Ferdinando Laghi, Antonietta Lauria e il sindaco di Viggianello Antonio Rizzo con una raffica di domande sulla centrale a biomasse del Mercure.
 


Oltre al calzino critico non può mancare la maglietta critica. La indossa il dott. Ferdinando Laghi, primario dell’ospedale di Castrovillari (CS), vice-presidente nazionale di ISDE Medici per l’Ambiente e acceso oppositore della centrale Enel del Mercure.
 


Poi arriva la pausa e, in attesa delle risposte, ecco il buffet con bevande fredde e calde e snack dolci e salati. Tutto buonissimo ma nulla in confronto al glorioso banchetto dell’ENI.
 


 


Ed ecco le risposte. La fine delle importazioni di carbone insanguinato dalla Colombia è la notizia bomba. Poi arrivano gli impegni per l’uscita dalle fonti fossili nel giro di 20 anni (e dal carbone in 10-15 anni). E infine un’attesa dichiarazione: la Centrale del Mercure sta in piedi solo grazie ai contributi pubblici. Perché, allora, non chiuderla subito?
 


E infine l’imperdibile gadget: il pratico portasmartphone in verde rinnovabili per quando torneremo a fare jogging.
Foto: böhringer friedrichOpera propria, CC BY-SA 2.5, Collegamento