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Le agromafie presentano il conto

Lo scorso 14 marzo Eurispes, Coldiretti e Osservatorio sulla Criminalità nell’Agricoltura e sul Sistema Agroalimentare hanno presentato la quinta edizione del Rapporto Agromafie. Redatto con ...

Simone Grillo
Simone Grillo
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Lo scorso 14 marzo Eurispes, Coldiretti e Osservatorio sulla Criminalità nell’Agricoltura e sul Sistema Agroalimentare hanno presentato la quinta edizione del Rapporto Agromafie. Redatto con il contributo di Forze dell’Ordine, Magistratura, Istituzioni ed Enti impegnati sul territorio per la salvaguardia del comparto agroalimentare, il Rapporto lancia l’allarme sul volume d’affari complessivo annuale dell’agromafia, cresciuto del 30% solo nell’ultimo anno.
Un business dunque sempre più appetibile per organizzazioni criminali le quali, lasciando in appalto ai manovali l’organizzazione e la gestione di forme di sfruttamento come il caporalato (che si sviluppa anche nelle filiere dell’import, per cui si calcola che quasi un prodotto agroalimentare importato su cinque non rispetti le norme a tutela dei lavoratori), si impegnano soprattutto nel condizionamento dei mercati stabilendo il prezzo dei raccolti, gestendo i trasporti e lo smistamento, controllando intere catene di supermercati, esportando vero o falso “made in Italy”, creando all’estero centrali di produzione del cosiddetto “Italian Sounding” (uso di denominazioni geografiche, immagini e marchi che evocano l’Italia allo scopo di promuovere prodotti in realtà non riconducibili al nostro Paese) e creando reti di smercio al minuto.
Il Rapporto registra peraltro furti quasi quotidiani di strumenti di lavoro o di bestiame, fenomeni che non risultano affatto estemporanei ma, al contrario, appaiono essere debitamente organizzati in forma di veri e propri “raid”, capaci di mettere in ginocchio un’azienda , specie se di dimensioni medie o piccole.
A questi reati si affiancano racket, usura, danneggiamento, pascolo abusivo, estorsione nelle campagne, fino alla possibile infiltrazione criminale nella filiera distributiva.
Sul piano dell’infiltrazione nell’economia legale viene poi nuovamente sottolineato il forte interesse criminale nei confronti della ristorazione: in alcuni casi, sottolinea il report, sono le stesse mafie a possedere addirittura il franchising e dunque catene di ristoranti in Italia e all’estero, con una strategia frutto del riciclaggio di proventi da attività illecite (una disponibilità indebita di liquidità che falsa il confronto con le attività legali).
L’agromafia, peraltro, sviluppa i suoi tentacoli in tutto il Paese, come dimostra la classifica sulla concentrazione del fenomeno, nella quale dopo Reggio Calabria seguono due città del nord: Genova e Verona.
Si giustifica così la grande crescita di un mercato il cui giro d’affari è stimato in 21,8 miliardi di euro, cifra che il report offre specificando come essa sia da ritenersi, con tutta probabilità, ancora largamente approssimativa per difetto.
In questa stima restano infatti esclusi tutti i possibili affari indebiti realizzati attraverso i circuiti finanziari: proventi derivanti da operazioni condotte “estero su estero” dalle organizzazioni criminali, investimenti effettuati in diverse parti del mondo, attività speculative poste in essere attraverso la creazione di fondi di investimento operanti nelle diverse piazze finanziarie, attività di trasferimento formalmente legale di fondi attraverso i money transfer in collaborazione con fiduciarie anonime e la cosiddetta “banca di tramitazione”, che veicola il denaro verso la sua destinazione finale.
Le mafie riescono così a trarre grande beneficio dalla globalizzazione (specie da quella degli scambi commerciali che, secondo il Report, risultano non ancora ben regolati dagli organismi competenti sul tema dei diritti dei lavoratori) , dalla tecnologia, così come dal nuovo sistema economico e finanziario.
Una delle risposte più efficaci è sicuramente quella della confisca dei terreni, la quale rappresenta tuttavia anche la cartina di tornasole della presenza criminale in agricoltura (sono 29.689 i terreni rientranti nella disponibilità di soggetti appartenenti alla criminalità organizzata).
Alla luce dei dati offerti dal Rapporto, non si può non rilevare come, nonostante il nostro Paese si sia dotato di una legislazione sul caporalato (e vada definendosi una disciplina dei reati agroalimentari), il fenomeno dell’agromafia sia ancora molto forte e, soprattutto, si renda sempre più complesso, grazie anche alle opportunità di infiltrazione nel sistema finanziario.


Leggi la sintesi e il rapporto completo sul sito Eurispes.
Foto: Nick46 – self-made, CC BY-SA 3.0, Collegamento