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La Capital Markets Union: le false soluzioni dell'UE

L’Unione Europea sta studiando nuovi strumenti per migliorare il finanziamento dell’economia, delle infrastrutture e delle piccole e medie imprese. Proposte che vanno nella ...

L’Unione Europea sta studiando nuovi strumenti per migliorare il finanziamento dell’economia, delle infrastrutture e delle piccole e medie imprese. Proposte che vanno nella direzione di un’ulteriore espansione dei mercati finanziari e del rilancio del sistema bancario ombra, delle cartolarizzazioni e di altre operazioni. Quali sono i rischi di tali strumenti, e quelli di una nuova bolla finanziaria? Di fronte a un sistema ipertrofico e autoreferenziale, si può pensare di allargare ulteriormente la torta finanziaria, o al contrario dovremmo ridurla ma fare in modo che una fetta nettamente più grande sia destinata alle attività economiche?

1. La CMU tra sistema bancario ombra e cartolarizzazioni. Questa volta è diverso?

In Europa la tanto annunciata e proclamata ripresa economica stenta. Se ci sono alcuni segnali positivi, siamo ben lontani da una inversione di rotta rispetto alla crisi degli ultimi anni. La disoccupazione in molti Paesi rimane elevata, le diseguaglianze crescono. Uno dei principali problemi è la difficoltà di accesso al credito per buona parte del sistema produttivo e per le famiglie. Pochi investimenti, consumi che ristagnano, e un sistema bancario e finanziario che non sostiene l’economia. Per questi motivi l’Unione Europa sta mettendo in campo diverse misure che dovrebbero fare ripartire la crescita economica. Uno dei più importanti è la Capital Markets Union o CMU. Un insieme di iniziative mirate alla creazione di nuovi canali di finanziamento per le piccole e medie imprese, le infrastrutture e particolari settori economici.
L’idea di fondo della CMU è che se le banche non sono in grado di finanziare l’economia, allora è necessario trovare dei canali finanziari complementari, ovvero sviluppare il mercato dei capitali e altre forme di prestito non bancario, anche in considerazione del fatto che i crediti potrebbero diminuire a seguito dell’applicazione delle nuove regole sul rischio bancario. Dopo la crisi sono state rafforzate alcune norme di vigilanza sul sistema bancario (a partire dal nuovo accordo di Basilea), il che ha reso più complesso per le banche finanziare le PMI e le famiglie. Con la CMU si pensa di favorire canali alternativi a quello bancario, ovvero operazioni simili a quelle svolte dalle banche, ma realizzate da soggetti e veicoli che non devono sottostare alle regole e limiti che riguardano il sistema bancario. In altre parole, misure per favorire ed espandere il sistema bancario ombra, o shadow banking system. Lo stesso sistema finito sotto accusa solo pochi anni fa come uno dei principali responsabili della crisi.
Nella stessa direzione, le istituzioni europee hanno già avviato un programma di cartolarizzazioni, nella speranza di permettere alle banche di erogare più credito. Quello che nuovamente sembra completamente assente dal dibattito è che tale meccanismo è stato al centro della bolla dei mutui subprime, con banche e intermediari finanziari che concedevano mutui anche a clienti senza garanzie né reddito (appunto i clienti subprime), perché subito dopo trasformavano tale mutuo in titoli finanziari che venivano rivenduti in tutto il mondo. Quando è scoppiata la bolla, nessuno sapeva dove fossero finiti i titoli tossici e una crisi del settore immobiliare USA si è rapidamente trasformata in una crisi di fiducia e finanziaria globali.
A distanza di soli otto anni, non solo tale pratica non è stata bloccata, ma viene riproposta come una delle principali soluzioni per rilanciare l’economia. Oggi si parla di cartolarizzazione di alta qualità ­ “high quality securitization” ­ intendendo con tale espressione la volontà di non replicare gli eccessi degli scorsi anni. Nei fatti, però, i problemi del passato sono ancora tutti li. In linea generale, il principale è il venire meno del rapporto che lega creditore e debitore: uno dei compiti fondamentali delle banche è quello di valutare il merito di credito del richiedente: le banche impiegano i risparmi dei correntisti, e devono pertanto valutare con estrema attenzione i rischi corrispondenti. Se però so che potrò rivendere il credito che erogo a terzi, crolla il presupposto di base della stessa attività creditizia.

2. Più finanza (e più rischi) per tutti

Le cartolarizzazioni sono operazioni complesse, strettamente legate, se non parte integrante, dello stesso sistema bancario ombra. I problemi non si limitano alle operazioni in sé e alle società che li realizzano, ma anche alla trasmissione del rischio agli acquirenti, ovvero anche a piccoli risparmiatori, fondi pensioni e dintorni. Chi compra i titoli frutto delle cartolarizzazioni compra anche il rischio connesso. Esiste una asimmetria evidente tra gli istituti finanziari che realizzano tali operazioni e gli acquirenti finali. Quanto le nuove norme in discussione in Europa rischiano di ampliare ulteriormente questa asimmetria?
Un rischio che si manifesta in generale nell’intero impianto della CMU, che sta studiando modi per permettere a tutti i cittadini dell’UE di accedere liberamente ai nuovi strumenti e mercati che si vorrebbero mettere a punto. L’idea è che i cittadini dei Paesi più forti potrebbero così investire nelle PMI della periferia europea, risolvendo con un colpo di bacchetta magica gli attuali problemi. In altre parole, nella CMU uno dei capitoli riguarda un’ulteriore smantellamento dei (pochi) controlli e limiti sul movimento di capitali ancora esistenti.
È un aspetto centrale della CMU: in assoluto, pensare a strumenti per convogliare parte delle risorse di fondi pensione, risparmiatori e altri investitori verso PMI e infrastrutture potrebbe effettivamente consentire di drenare parte della liquidità in eccesso nella finanza, ma i problemi e i rischi non mancano. Prima di tutto rischi per pensionati e piccoli risparmiatori. La crisi dei mutui subprime ha reso sin troppo evidente come tali soggetti si siano ritrovati a loro insaputa proprietari di titoli che si sono rivelati carta straccia. Parliamo poi di un rischio potenziale per l’insieme dei contribuenti: attualmente i fondi pensione hanno limiti severi alle tipologie di titoli nei quali possono investire. Il motivo è che se uno di tali fondi dovesse andare in crisi a seguito di scelte di investimento avventate, sarebbe probabilmente necessario un intervento pubblico per tutelare le pensioni degli aderenti.

3. Espandere (ancora) la finanza o spostare la liquidità esistente?

Le proposte oggi in discussione sembrano completamente ignorare che gran parte delle attività finanziarie sono completamente slegate dall’economia reale. Pensiamo alla quantità di strumenti sintetici e puramente speculativi, che drenano liquidità ma non servono in nessun modo a finanziare le attività produttive. Se compro un ETF o un ETC che segue l’andamento delle materie prime alimentari, non un euro va a contadini o agricoltura. Se acquisto delle opzioni binarie, scommetto sulla salita o discesa di un dato titolo, ma non un euro va all’impresa corrispondente. E gli esempi potrebbero essere diversi altri. Anche rimanendo ai soli prestiti bancari, oggi unicamente il 30% dei prestiti erogati dalle banche europee è destinato a cittadini e imprese non finanziarie.
Per dirla con uno slogan, la crisi attuale non è dovuta al fatto che non ci sono soldi, ma che ce ne sono troppi; è che sono (quasi) tutti dalla parte sbagliata, in attività che non dovrebbero essere chiamate “finanza” ma “casinò”. Ben oltre il 90% di ciò che chiamiamo finanza è una gigantesca sala scommesse, totalmente slegata dalle attività economiche e produttive, ma che causa crisi e instabilità. Il dibattito attuale dovrebbe ruotare intorno a come riportare almeno una parte di tale gigantesca liquidità verso l’economia “reale”, verso il finanziamento di imprese e famiglie, verso investimenti produttivi.
E’ per lo meno paradossale che l’intero approccio europeo, e la CMU in particolare, sia su come allora allargare ulteriormente la torta e non – a parità di risorse o meglio restringendo la dimensione complessiva del sistema finanziario – fare si che una percentuale nettamente maggiore vada a imprese e famiglie.
La crisi esplosa nel 2008 ha reso evidente la necessità di imporre delle regole al sistema finanziario. A dispetto delle dichiarazioni che hanno chiuso ogni vertice internazionale, dal G20 in giù, nel migliore dei casi si va avanti con il freno a mano tirato. La stessa UE sta discutendo da anni di una tassa sulle transazioni finanziarie, al momento senza risultati concreti. Ancora peggio per quanto riguarda la necessaria separazione tra banche commerciali e di investimento. E oggi si sta invertendo la rotta. E’ ai confini dell’incredibile che con la CMU si torni a parlare di ulteriore liberalizzazione del movimento dei capitali, di cartolarizzazioni, di sistema bancario ombra.
Anche grazie alla formidabile pressione delle lobby, la finanza privata ha rialzato la testa e segnala che una normativa “eccessiva” potrebbe frenare la crescita. Al contrario, l’ulteriore smantellamento di regole e controlli permetterebbe di ripartire verso un’era di prosperità. Ancora a monte, il problema è culturale, e nell’incredibile ribaltamento dell’immaginario collettivo avvenuto nel giro di pochissimi anni. La crisi è esplosa per il collasso della finanza privata, che ha successivamente trasferito i problemi alle finanze pubbliche. Oggi cause ed effetti vengono invertiti. Il dogma, accettato come verità indiscutibile, è che la finanza pubblica è il problema, quella privata la soluzione.
Questa finanza non è la soluzione, ma il principale problema. Un problema che con la Capital Markets Union rischia di ingigantirsi ulteriormente. La soluzione non può essere continuare a pompare liquidità in un sistema già ipertrofico, ma è necessario spostare verso l’economia almeno una parte delle sterminate risorse incastrate nel sistema finanziario, disincentivare le attività speculative e impedire allo stesso sistema finanziario di provocare continuamente instabilità e crisi dalle quali deve essere salvato con soldi pubblici. Diffcile che la soluzione possa consistere nell’accelerare lungo la stessa direzione che ha causato il problema. L’intero edificio finanziario è marcio dalle fondamenta e va ricostruito. Non si può continuare a puntellarlo per tentare di rimandarne il crollo, soprattutto nel momento in cui si sfrutta il fatto che viene continuamente puntellato con soldi pubblici non per ristrutturarlo, ma per costruire torri finanziarie sempre più alte e sempre più instabili.
Foto: MPD01605